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Squarepusher all’Andrea Doria Concert Hall: un artista al top della sua forma artistica e performativa

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Tentare di incastrare Squarepusher in un concetto espresso a parole è una pratica a cui temo non si possa approcciare con la minima speranza di successo.
Eppure, in qualche modo, il desiderio di raccontare e descrivere ciò che scaturisce dall’ascolto della sua musica, ma anche (e soprattutto) dalla partecipazione ad una sua performance, si tramuta in una sorta di dovere morale paragonabile a quello di un profeta o di un discepolo a cui una data esperienza ha profondamente arricchito il corso della vita.
Un po’ come un bambino che dopo il Natale non vede l’ora di raccontare al mondo la bellezza del proprio regalo, sembra impossibile non lanciarsi in tale pratica con vivido entusiasmo e brillante luce negli occhi.
Perché in fondo trovarsi di fronte ad un personaggio talmente immenso è un qualcosa che regala sempre e comunque qualcosa di nuovo e diverso. Qualcosa che massaggia i neuroni e rovista fra stomaco e cuore traducendosi in quella sensazione di sgomento, perdizione ed energia tipica, ad esempio, del primo incontro con l’oggetto della propria infatuazione.
Qualcosa, insomma, che sconvolge nel profondo pur mettendo incredibilmente a proprio agio.
Ok, magari “Damogen Furies” non è il disco più profondamente ispirato della produzione di Tom Jenkinson, o magari non si tratta della sua opera più innovativa e sbalorditiva, ma l’impetuosa e primordiale violenza alla base di quest’ultimo album lascia intuire fin dal primo ascolto un ritorno dell’artista inglese a sensazioni decisamente più sensoriali ed impulsive, ponendo idealmente le basi per qualcosa che dal vivo non potrebbe che tramutarsi in un’esplosione incontenibile e devastante.
Ecco, tali scenari vagamente dipinti con la fantasia durante gli svariati ascolti di “Damogen Furies” sono solo un briciolo della realtà che ha preso forma nella dimensione live del tour in cui Squarepusher si trova oggi impegnato.

Ad ospitarlo qui a Roma è la neo-inaugurata Concert Hall del Circolo Andrea Doria, dove i semi gettati durante la scorsa stagione estiva hanno portato oggi alla realizzazione di una rassegna ricchissima e variegata, all’altezza di una città sempre più al centro di iniziative ed eventi musicali di altissimo livello.
Ad aprire le danze sono gli ottimi Ben Saadi e Gattonero con un breve ma stuzzicante dj-set per la loro sempre più sostanziosa LSWHR, marchio ormai praticamente imprescindibile negli eventi di maggior spessore della scena elettronica capitolina.
Ma, una volta salutato il duo romano, è la lunghissima quanto inconfondibile evoluzione di un lentissimo drone ad attirare pian piano l’attenzione verso il buio solitario del palco.
Squarepusher irrompe quindi in scena nel tripudio generale, pronto a scatenarsi e scatenarci grazie al delirio sonico della sua ultima scalpitante creatura.
Così come “Damogen Furies” è decisamente più schietto e spartano rispetto all’eleganza “barocca” del suo predecessore, anche l’impatto estetico della sua dimensione live si traduce in un’apparenza più essenziale e per certi versi “tradizionale”.
Il gigantesco ledwall basato sulle geometrie opprimenti e bicromatiche di “Ufabulum”, lascia il posto ad un visual più “sobrio” e “comune”, lì dove anche la centralità luminosa del casco si tramuta in una tuta grigia (apparentemente quella di un torneo di scherma) mappata indipendendentemente dallo scenario alle spalle dell’artista.
A dominare la scena non sono più, quindi, coltellate di bianco fulgente in un buco nero supermassiccio, e Squarepusher torna ad essere il fulcro assoluto dell’attenzione invece che un tassello inserito nel contesto di un’esperienza visiva più ampia.
Il visual è in “Damogen Furies” una dimensione importantissima ma comunque accessoria, al servizio della musica anziché parte integrante ed imprescindibile dell’intero show.
E questo ritorno visivo alla centralità dell’uomo-artista non è altro che la perfetta incarnazione di ciò che musicalmente ci viene proposto.
Squarepusher è possente e aggressivo come non si vedeva e sentiva da tempo.
Accanto ai brani della sua ultima fatica e al delirio generale su “Stor Eiglass” (che ahimè convince davvero tutti tutti), si insinuano meravigliose ed inaspettate citazioni dal passato, in una selezione dei brani più adrenalinici e devastanti presenti nella sconfinata discografia di Tom.
È un’ora di pogo scatenato sotto incastri ritmici furiosi, mentre Squarepusher esorta il pubblico a seguirlo nel trip dolcemente ossessivo a cui ci sta sottoponendo.
Poco importa l’antipatico crash di un computer perchè Tom Jenkinson fa davvero sul serio e ha deciso di farci saltare fino all’ultimo minuto del suo sfavillante show.
Gli applausi sono davvero scroscianti quando l’artista saluta il pubblico e le grida non sembrano accennare a placarsi nemmeno quando la sua figura si dilegua nel backstage.
Almeno fino al momento in cui, tolta la maschera e spenti i visual, l’artista torna sul palco imbracciando il suo fedelissimo basso ed illuminando le più recondite fantasie dei sognanti presenti.
Nel momento in cui tutto appare già perfetto e sembra che non possa accadere nulla di più esaltante, Squarepusher ragala 15 minuti delle sue doti semplicemente disumane di virtuoso musicista, eseguendo brani tratti dai suoi deliri “meno elettronici” e lasciandoci a bocca aperta con quella sbalorditiva capacità di riprodurre su di uno strumento e con l’ausilio delle sole dita, quegli intrighi compositivi sintetici tanto complessi già quando generati da un computer.
In 90 minuti di bruciante esibizione, che l’approccio all’ascolto fosse quello più clubber ed energetico o quello più cervellotico e sperimentalista, nessuno avrebbe potuto rimanere anche solo vagamente insoddisfatto da un artista decisamente al top della sua forma artistica e performativa.
Questo nuovo Squarepusher ha sapientemente spogliato se stesso dalle pesanti catene di un ideale più strettamente culturale per arrivare alla radice più sanguigna e convincente (quantomeno in sede live) della sua musica, riuscendo ad abbracciare un pubblico decisamente più vasto senza per questo deludere i fan più accaniti ed esigenti.
Squarepusher c’è, e “Damogen Furies” live è un’iniezione di adrenalina pura giù dritta al centro del cuore in grado di risvegliarci dall’assopimento musicale invernale, rigenerandoci attraverso intelligenza, energia e tanta coinvolgente cattiveria.


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